Un Natale diverso all’insegna dell’altruismo

novembre 26, 2007

Città già affollate per le spese natalizie. Negozi illuminati e autovetture in ogni dove. Ma in questo fine settimana pre-natalizio, c’è un piccolo grande gesto alla portata di tutti noi, che può migliorare la vita della gente più sfortunata. Che non sono certo pochi, anzi secondo gli ultimi dati dell’Istat (ottobre 2007) i poveri sono quasi il 13 per cento della popolazione italiana. Insomma sabato 24 novembre, abbiamo tutti avuto la possibilità di fare un gesto che una volta tanto è andato incontro alle esigenze di coloro che si trovano nell’indigenza. Si è svolta infatti in tutta Italia la Giornata nazionale della colletta alimentare. L’anno scorso gli italiani hanno offerto migliaia di tonnellate di cibo per un valore economico superiore a 26 milioni di euro, l’obiettivo degli organizzatori è di battere nel 2007 questa cifra record. Il Banco Alimentare è l’associazione Onlus, cioè senza scopo di lucro, che da 11 anni organizza questo semplice gesto di carità e di solidarietà. In Europa, questo evento nasce nel 1987 in Francia, per poi propagarsi ulteriormente negli altri Paesi europei dove esiste il Banco Alimentare. In Italia questa esperienza inizia nel 1997 con un primo risultato di 1.600 tonnellate, per arrivare dopo 10 anni a 8.422 tonnellate di alimenti raccolti. Il giorno è, ogni anno, l’ultimo sabato di novembre, essendo questa la scadenza abituale concordata con la Fédération Européenne des Banques Alimentaires. La mia personale esperienza è che donare liberamente a chi ne ha più bisogno non è solo utile ai destinatari ma anche a chi lo fa. Volendo, e per i ragazzi può essere davvero un sabato pomeriggio diverso, ci si può unire per qualche ora ai volontari e dare una mano ancora più grossa all’impresa. Sito per avere ulteriori informazioni: www.bancoalimentare.org.


Caro giudice, lasci stare la Madonna

novembre 15, 2007

casa.jpgA volte la giustizia ci dà delle soddisfazioni. È capitato ieri con la sentenza con cui il gip di Bologna, Bruno Perla, ha archiviato il procedimento penale contro la contestata mostra “La Madonna piange sperma”. Perla ha spiegato che gli articoli previsti dal codice penale «si applicano se l’offesa è indirizzata nei confronti di cose che formano oggetto di culto o sono consacrate al culto, mentre non si applicano se l’offesa è diretta a una entità, come è in questo caso la Madonna». Per di più la Madonna non è Dio, dunque non si tratta neanche di bestemmia. Ragionamenti paradossali, che avranno certamente dignità giuridica, ma che contrastano col buon senso. È evidente che per i credenti (non solo cattolici, ma anche musulmani fra l’altro) la Madonna va rispettata, è oggetto di culto, di venerazione, di preghiera. Che poi si ritenga inutile procedere per vilipendio contro gli organizzatori è un altro discorso, visto che dopo le critiche della Curia e dello stesso sindaco Cofferati, la performance annunciata fu annullata e nulla fu davvero mostrato al pubblico. Ma lo spettacolo della disquisizione sull’entità non va sottovalutato. Non ci sarà stata offesa alla religione, ma così si rischia di fare un’offesa all’intelligenza degli italiani, che d’accordo non varrà tanto, ma pur in qualche conto andrà tenuta. Per carità, è vero, i reati di lesa maestà non sono mica simpatici. E tuttavia li abbiamo visti invocati e applicati anche recentemente nel caso del Presidente della Repubblica (Francesco Storace indagato con sollecitudine) e anche della magistratura. Queste sì sono entità sacre per il popolo italiano, entità quasi egiziane, vere divinità viventi dei nostri tempi. Mica come la povera Maria di Nazareth, adolescente ebrea senza arte, né parte… Invece il vilipendio al Capo dello Stato, all’onore delle toghe, al Csm, al Tricolore… Ma perché dobbiamo farci del male da soli? Perché nel nostro Paese è così difficile convivere tranquillamente, cittadini di uno Stato moderno senza essere statolatri o terroristi, iper statalisti o eversivi? Mancano troppo spesso l’equilibrio, il buon senso, il buon gusto, l’educazione. Accostare la Madonna allo sperma è uno sfregio bestemmiatorio. Lo è per chi crede e per chi non crede; per i cattolici e per gli atei. Anche se c’è chi è magari contento dell’insulto, della bestemmia, dello sfregio al simbolo di tanta devozione, sa benissimo di che si tratta. Allora, usiamo meno l’ipocrisia. Prendiamo di petto le questioni, senza ricorrere al metodo dell’Azzeccagarbugli.


Figli bulli, genitori peggio ancora

novembre 8, 2007

casa.jpgE se la colpa fosse anche, se non soprattutto, nostra, di noi genitori? Marco Imarisio, oltreché ottimo cronista del Corriere della Sera, anche scrupoloso papà, ha scritto un libro: “Mal di scuola”. Il testo affronta il tema del bullismo in classe e prende un punto di vista particolare, diciamo di parte: quello dei docenti. E’ un’operazione necessaria perché troppo spesso non si considera quanto i comportamenti sbagliati e talvolta devianti vengano dritti dritti proprio dalla famiglia d’origine. Ebbene alcuni episodi del libro di Imarisio, dal pestaggio al preside Ugo Castorina di Bari al quartiere napoletano di Barra, sembrano surreali e sono tuttavia autentici. I genitori spesso sono i primi a non sapere giudicare i propri figli, ad avallare le loro insensatezze e i loro vizi. Basti pensare alla reazione normale che hanno quando vengono sequestrati i telefonini in classe o devono firmare una nota di disciplina. Come spiega nel libro una prof di Lettere a Cagliari: «Ci sono alcuni genitori che riducono la partecipazione alla vita scolastica a una mera ingerenza. Al non voler accettare che i figli possano subire delle sconfitte». Poco educati alle frustrazioni, ricchi nel senso di educati al consumo, i nostri figli respirano il bullismo fin da bambini? In un certo senso, sì. E d’altra parte c’è spesso un atteggiamento della scuola pubblica e degli stessi docenti nei confronti di noi genitori che non va dimenticato e che anzi andrebbe corretto: una diffidenza di fondo verso le famiglie dei ragazzi. I padri e le madri hanno diritto a partecipare alle scelte educative della scuola, a dire la loro, a discutere, a condividere. Tanti anni fa si cercò di introdurre questo principio con i cosiddetti decreti delegati, che però non approdarono a nulla. La partecipazione delle famiglie fu limitata a qualche consiglio d’istituto, a qualche ratifica di bilanci.Manca ancora la coscienza che la scuola è di tutti, non è più quel servizio sociale di alfabetizzazione delle masse di un secolo fa. Dovrebbe essere un luogo moderno di educazione, di comunicazione dei valori condivisi, anche di sacrificio e disciplina. Tutte cose che dovrebbero spingere a rompere le barriere fra genitori e prof, in nome dell’interesse dei ragazzi. Non per metterci al loro piano, ma anzi per tirarli fuori. Per farli, finalmente, crescere.


Il papà non può non sapere se il figlio va a scuola

ottobre 18, 2007

casa.jpgIl papà ha il dovere di sapere. Non ci sono scuse. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza che fa già discutere, come si dice. La storia è questa: un padre era stato assolto da un giudice di pace di Staiti, in provincia di Reggio Calabria, dall’accusa di non aver controllato se le sue due bambine andassero a scuola regolarmente. L’uomo si era difeso sostenendo di non essere stato avvisato e il direttore della scuola elementare aveva testimoniato nello stesso senso, confermando il mancato avviso. La Corte ha annullato l’assoluzione, sostenendo: «O il padre in questione era a conoscenza del comportamento delle minori o era venuto meno al suo dovere, morale e giuridico, di controllare ed educare le figlie». Sentenza severa, ma non molto criticabile. La sostanza, certo, è dura: i genitori si devono occupare dei loro figli, anche quando la scuola è un carrozzone anonimo che non ti coinvolge, non ti richiama, addirittura non ti avvisa delle assenze. Sentenza realistica però perché al menefreghismo dei genitori si accoppia sempre più spesso il burocraticismo, il disinteresse, lo scaricabarile degli insegnanti. Quanti sono quelli che cercano a casa i papà e le mamme dei loro allievi in difficoltà? Quelli che si addormentano sui banchi o saltano le lezioni? O si presentano in classe con gli effetti delle sbornie o delle canne? Pochi, pochissimi fra i docenti. E spesso la loro strada è in salita perché il dramma vero di un bambino o di un ragazzo ha, a volte, la sua radice nell’atteggiamento sbagliato dei genitori. Che, quasi sempre, giustificano, coprono o incoraggiano i propri figli anche quando commettono errori. Dunque la Cassazione fa rumore perché chiama al proprio dovere i padri (e le madri). Ma è tutta la società che ha un buco grosso come una casa in tema di educazione. L’educazione manca ed è un handicap di civiltà che ci troviamo addosso ogni giorno. In particolare la nostra generazione di genitori (figli del baby boom e del ‘68) appare decisamente smidollata, incapace di proporre ai figli degli argini sani entro cui crescere. Una generazione incline a essere complice e amica dei figli, il che spesso non aiuta. Anzi danneggia. Allora, ben venga la dura sentenza della Cassazione. Ma non dimentichiamoci le responsabilità della scuola, che non può pretendere di essere statalisticamente neutra ed innocente perché non lo è e non lo sarà mai, e degli altri adulti in genere. L’educazione si respira in famiglia ma anche nel resto della società. In televisione, al cinema, con gli amici, in politica, negli stadi… Ognuno di noi ha un dovere verso i più giovani che non va dimenticato.


Una casta a misura di noi stessi

ottobre 8, 2007

casa.jpgMa non è che siano poi molto diversi questi italiani esasperati, giustamente, dai politici. Ci sono notizie che fanno pensare. Come quella secondo cui più del 40 per cento dei bar di Roma non emette mai lo scontrino fiscale per le consumazioni. A questo punto i cittadini, fra l’altro, lo dovrebbero sapere perché quasi un esercizio su due non dà la ricevuta. O come quella, sempre romana, degli studenti del liceo classico Mamiani che hanno ingaggiato una lunga e laboriosa lotta con le autorità scolastiche perché chiudono i cancelli della scuola alle 8 e 10 invece che alle 8 e 20. Oppure vi ricordate gli assenteisti di Perugia? Lo scorso luglio ci furono dodici arresti, due in carcere e dieci ai domiciliari, da parte dei carabinieri del Nas nell’ambito di un’indagine per assenteismo nei confronti di medici, docenti, infermieri e personale di un ospedale della città umbra. Tante volte le storie che ci arrivano sono proprio quelle di una società incivile, dove la cialtronaggine, la corruzione morale, o anche solo l’approssimazione e l’ignoranza sono ben diffuse e non solo nella casta dei politici. E non si tratta di episodi isolati. Leggi il seguito di questo post »


Kid nation, i bambini nel mirino del reality

agosto 28, 2007

Casa BanfiSi chiama Kid nation, la nazione dei ragazzi. E lo slogan dice: 40 bambini, una città, nessun adulto. È l’ultimo reality televisivo prodotto dalla Cbs negli Stati Uniti ed ha già sollevato polemiche al calor bianco. Quaranta bambini sono stati portati in una città disabitata nel deserto del New Mexico e se la sono dovuta cavare nell’organizzarsi da soli. La trasmissione è sotto indagine negli Usa per sfruttamento di minori, ma in realtà oltreoceano non c’è nessuna regola che impedisca quella che sembra la nuova frontiera del reality. Gli ideatori spiegano che è una specie di esperimento educativo, qualcosa di simile a un campo di boy scout… I detrattori pensano che i minori andrebbero comunque protetti dall’intrusione della televisione nella loro vita. In Italia esiste la Carta di Treviso che impedirebbe l’arrivo di un programma del genere. Ma la Carta è una dichiarazione d’intenti deontologica, vincolante per l’appartenenza morale e disciplinare ai giornalisti italiani e nulla più. Non ha valore di legge, e viene fatta rispettare dal Garante. casa.jpg
Tutto questo però non significa che non ci si debba preoccupare. Kid nation contiene l’idea che il soggetto debole, se accetta, può essere usato. E chi oggi non vuole comparire in televisione? Basta pensare allo sviluppo imprevisto del delitto di Garlasco, dove per giorni hanno tenuto banco le due cugine esibizioniste della vittima, desiderose di apparire sui giornali e nei telegiornali. Che poi per la verità sono state usate e strumentalizzate dagli stessi giornali che si dicevano scandalizzati dalla loro voglia di apparire… Insomma il meccanismo del reality applicato ai bambini porta alla luce un rischio che c’è sempre in ogni trasmissione televisiva di questo tipo. E il rischio è proprio quello di scambiare la realtà con la sua rappresentazione, il che fa diventare schiavi dell’immagine. Si è protagonisti se si finisce nell’inquadratura, si passa alla storia se si trapassa il video… Non è così per nessuno. Protagonista, o meno, dei reality che si diventi. Quando Fabrizio Corona ha dovuto difendersi dall’accusa di estorsione nei confronti del calciatore della Roma Francesco Totti (poi caduta), spiegava che per Flavia Vento quel flirt poteva essere un’opportunità per finire all’ Isola dei famosi. Il suo vantaggio si riduceva a quello. Crudo ma realistico. E d’altra parte già sappiamo che quest’anno sull’Isola ci finirà Alessandro Cecchi Paone che aveva avuto il coraggio di criticare una certa deriva dei reality a una serata del Telegatto. E dunque mai esagerare con le critiche…


Sì kid, figli per tutta la vita

agosto 22, 2007

Casa BanfiC’è una psicanalista francese che ha deciso di venire allo scoperto. E come il Riccardo III di Shakespeare, nella sua perfidia, di uscire dall’ipocrisia. Ha scritto un libro “No kid”, no figli, che ha il merito di non avere peli sulla lingua. Corinne Maier, che pure di figli ne ha avuti due, sostiene che rovinano la vita. Ed elenca 40 motivi per non farne. Eccone dieci: 1) Il parto è una tortura; 2) Diventerete dispensatrici ambulanti di cibo; 3) Lotterete per continuare a divertirvi; 4) Perderete i contatti con gli amici; 5) Dovrete imparare un linguaggio da veri idioti per riuscire a comunicare con i vostri figli; 6) I figli uccideranno il vostro desiderio; 7) I figli suonano la campana a morto della vostra vita di coppia; 8) Fare figli è da conformisti; 9) I figli costano; 10) Verrete ingannati pensando che non esista niente come un figlio perfetto. E così via. Si è quasi portati a simpatizzare per tale schiettezza. Dei figli che invadono il proprio ego e stroncano famiglia, carriera, desiderio sessuale? Ma chi li vorrebbe mai? E invece misteriosamente la vita continua.casa.jpg
C’è ancora chi ha voglia di scommettere che l’irruzione di un altro può migliorare e non peggiorare la tua vita. Certo la Maier, francese ed emancipata, fa parte di un mondo che sembra un po’ aver perso il senso della maternità e della famiglia. Dichiara ciò che altri pensano e non dicono. Ma anche egoisticamente parlando, è un grosso errore pensarla così. Senza figli si perde il contatto con la realtà. Ci si illude di essere sempre giovani, non si sa che farsene delle ricchezze accumulate, non si porta un pezzo di sé nel futuro del mondo e della storia… Fare figli non è affatto altruistico, è egoisticamente magnifico. Quando va bene ( e prima o poi va bene sempre) dai figli si impara. Per non parlare dei nipoti… Ma che razza di uomo e di donna abbiamo costruito nel Duemila se non riesce a concepire l’amore se non come possesso (fino alla morte per gelosia, tanto frequente nelle cronache di oggi), se non percepisce più la bellezza del procreare, del prolungare la propria vita in un altro, diverso ed uguale da te? Chi ha la fortuna di avere figli (e quanti che non ne possono avere ci soffrono!) sa che le estremizzazioni della Maier vanno bene come confessioni di una casalinga disperata, attempata e stressata, cui gli aiuti delle numerose colf straniere non bastano a lenire la fatica di allevare due figli. Col marito che magari passa solo gli alimenti. Sì kid, sì figli tutta la vita. Perdinci.

di Alessandro Banfi


Sir Elton John e la magia irripetibile

agosto 4, 2007

Casa BanfiYour song è qualcosa di più che una canzonetta. It’s a little bit funny this feeling inside… È una musica del cuore, dalla quale abbiamo imparato l’inglese, che ha fatto da colonna sonora alla nostra vita. Anche nel bell’addattamento italiano di Mia Martini. A casa Banfi quella musica è Elton John. Per il resto non c’è altro, nessuno si ricorda o quasi la canzone per lady D, o altro prodotto dalla star del rock. Non è così per altri grandi autori degli anni Settanta. Come i Queen o gli stessi Beatles. Persino De Andrè e Gaber sono conosciuti e apprezzati, e soprattutto ascoltati e cantati, molto di più del baronetto londinese. È questo forse il problema fondamentale di Elton John. Non che non sia conosciuto da noi, per carità, ma che non sia più riuscito a ripetere quella magia, quel grandissimo successo che lo ha portato per sempre nell’Olimpo della musica mondiale. Così ci spieghiamo l’intervista a The Sun in cui il cantante ha detto: «Penso che sarebbe un grande esperimento spegnere internet per cinque anni e vedere che sorta di arte viene prodotta in quel lasso di tempo. Il punto è che c’è troppa tecnologia disponibile: scommetto che se si riuscisse a fare questa prova, verrebbe fuori musica molto più interessante di quella che si ascolta al giorno d’oggi». Che dire? Un 60enne lontano dalla tecnologia di oggi, che dice di non aver mai posseduto cellulare o I-pod… Purtroppo appare patetico. Come si fa a dare la colpa alle tecnologie perché non si è più riusciti a comporre? Il vecchio Puccini, un volta andò a vedere di nascosto la Turandot e pianse in sala per tutto il tempo e a chi gli stava vicino diceva: «Non riesco più a comporre una musica così bella».casa.jpg
Almeno non dava la colpa al mutare dei tempi. Su un punto ha ragione Elton John quando sostiene che «all’inizio degli anni Settanta, venivano lanciati almeno dieci nuovi album alla settimana, ed erano fantastici. Ora sei fortunato se trovi dieci album all’anno di quella qualità. Eppure, escono molti più dischi nuovi adesso». Ma è sbagliato immaginare che questa mancanza di vena creativa sia attribuibile alle nuove tecnologie. Siamo in un momento di stagnazione culturale e non certo in una fase creativa, per molte ragioni non sufficienti però. Il dono dell’arte è tale anche per l’artista che crea, questo è il punto, e come Puccini alla fine della vita, anche Elton John non riesce più a comporre grandi successi. Anche distruggendo gli I-pod e spegnendo internet, forse non riuscirebbe più a scrivere un capolavoro come Your song. Purtroppo.


Come porto mio figlio all’asilo senza motorino?

luglio 5, 2007

casa.jpgLo confesso: ho portato mio figlio primogenito in motorino all’asilino, scuola materna, a partire da quando non aveva ancora tre anni. Prima addirittura su un vecchio Garelli 50, poi su una Vespa 150. Come si teneva poverino… Ora 151 senatori, di destra e di sinistra, vorrebbero mettere delle sanzioni durissime e vietare il trasporto in moto o motorino fino ai 5 anni. Poi dai 5 ai 12 anni vorrebbero l’uso di uno speciale seggiolino, omologato, da posizionare sul sellino del passeggero. La proposta di legge, bipartisan, come si dice in questi casi, sarebbe motivata dalle statistiche sconfortanti sul nostro Paese, L’Italia, infatti, avrebbe il triste primato degli incidenti dei minori sulle due ruote. I promotori dicono che vogliono “tutelare la famiglia”. E’ proprio quest’ultimo punto che mi preoccupa. Perché? Mi spiego. Allora, è evidente che un padre o una madre sono costretti a usare le due ruote per portare i figli piccoli all’asilo per le condizioni del traffico nelle grandi città. Le automobili in Italia sono tantissime e ci soffocano. Ben lo sanno i genitori alle prese con passeggini e carrozzine. Se scelgono il rischio buche e l’instabilità delle due ruote è perché non hanno molte alternative. E quindi va benissimo pensare ad una maggiore sicurezza e a maggior controlli, con le relative sanzioni. Ma, per piacere, che sia dato anche un segnale di incoraggiamento a chi non intasa il traffico con l’auto a quattro ruote per trasportare il proprio piccolino alla Materna! Se davvero l’obiettivo è aiutare le famiglie e non metter loro un altro bastone tra le (due) ruote, si dia un riconoscimento a chi cerca di inquinare di meno e non sovraccaricare il traffico nelle grandi città. Altrimenti l’impressione sarà quella di una legge fatta per incentivare l’industria automobilistica, cosa peraltro meritoria nel giorno del lancio della nuova Cinquecento. Ma non così urgente, né utile socialmente. Dunque sicurezza sì, caschi sì, seggiolini omologati sì, ma non ci limitiamo a questo. Si sono fatte tante leggi e leggine per rottamazione e rispetto per l’ambiente, perché non premiare le famiglie che lasciano l’auto nel parcheggio sotto casa o in garage durante tutta la settimana? Trent’anni fa a Los Angeles chi usava l’auto con più persone a bordo (la cosiddetta “pool car”) viaggiava in una corsia privilegiata guadagnando decine di minuti sugli altri guidatori. Da noi sembra impossibile introdurre norme di questo tipo. Perché?

casabanfi@indipendenteonline.it

Un video che mostra perchè i bimbi in moto è meglio che siano accompagnati


Le tracce dei temi come il programma: un mare di parole

giugno 22, 2007

casa.jpgIl mio primogenito è stato uno dei 500mila candidati alla maturità. Martedì la mamma gli ha comprato il pane fresco alle 7 e 30 e gli ha fatto un panino di prosciutto, che si è mangiato, scrivendo il tema. Ha puntato sul diritto e la giustizia (testi di Aristotele, Beccaria e Bobbio, tra gli altri). Ieri la prova era più corta, quattro ore a disposizione, per la versione di latino. Niente panino. E meno male perché Seneca rischiava di farlo rimanere sullo stomaco con quella versione contorta in cui già il titolo non è chiarissimo: “Io ho quel che ho donato”… O lo hai o lo hai donato. O no? Comunque, si sa che è difficile trovare agli esami una versione con un testo normale. Provate, per sfizio, a leggere lo scritto di Seneca tradotto e ditemi se ha un senso. «O quanto avrebbe potuto avere, se avesse voluto! Queste sono ricchezze sicure destinate a restare in un solo luogo nonostante qualsiasi volubilità della sorte umana (lett. in qualunque volubilità della sorte umana); queste quanto più grandi saranno, tanto minor invidia susciteranno. Perché le risparmi come se fosse (patrimonio) tuo? Sei (solo) l’amministratore». Complimenti al Ministero! È già passato qualche anno dalla riforma voluta da Luigi Berlinguer, eppure la prova di licenza liceale non convince ancora. Doveva, nello spirito, svecchiarsi, essere più centrata sui temi e i problemi del Novecento, che è già il secolo scorso. E invece fatalmente conserva quel sapore vagamente ottocentesco… Certo, sulla prova di italiano esistono molte più possibilità oggi. Le tracce del Ministero ieri occupavano 9 cartelle! Tema di letteratura, di storia, di fantasia, come si diceva una volta, che quest’anno riguardava la tv e il villaggio globale. Però resta l’impressione che con tutti questi testi messi nelle tracce, si stenti a capire le qualità e le possibilità dei giovani candidati. Non sarebbe meglio dare loro anche uno spunto minimale. Del tipo racconta e commenta questa fotografia. Oppure parla del tuo amico (o del tuo sport) preferito… cose così elementari. Si dirà: niente di più difficile da fare che le cose semplici. E tuttavia nella complicazione e nella profusione di idee e argomenti ci si può perdere davvero e non arrivare ad un risultato positivo. Quanto alla versione di latino dei classici, possiamo dire che molto dipende dall’esercizio fatto durante l’ultimo anno e senza più il professore interno si rischia di incappare in qualche voto basso. Del resto chi scrive nel lontano 1978 fece un tema perfetto su Giorgione e Leonardo, mentre prese l’insufficienza con una versione di greco da Aristotele. Eppure ciò non mi ha impedito di scrivere, per mestiere, fino ad oggi.