Ma perchè Casini non scioglie l’Udc?

giugno 21, 2007

Ogni volta che sento parlare Pier Ferdinando Casini, penso sempre la stessa cosa: «Ha ragione». Riforme istituzionali, liberalizzazioni, concorrenza, stato Sociale, previdenza. Ruolo dei cattolici in politica. Sul piano dell’agenda, quella dell’Udc è sicuramente la più completa, la più adatta ai moderati rivoluzionari che sognano una modernizzazione possibile del Paese e non inseguono ricette liberiste già superate e revisionate nei paesi anglosassoni. Poi, quando vedo la traduzione delle proposte in atti concreti, mi cascano le braccia. Se il governo del centrodestra non ha realizzato il suo programma, e non ha mantenuto gli impegni con gli elettori, è anche colpa dell’Udc, sempre pronta, in Parlamento, a dare una sponda alle resistenze corporative dell’Italia feudale. E il fatto che il suo leader, in quella stagione, avesse un ruolo istituzionale, non toglie nulla alle responsabilità di un partito che non ha lasciato un segno, se non attraverso la sua interdizione, nella precedente legislatura. Certo: contano i rapporti di forza. E qui siamo di fronte al primo problema, perché le ambizioni dell’Udc, dei moderati, diventano velleità con un minipartito del 6-7 per cento, la cui forza elettorale è concentrata in due regioni, la Sicilia e il Lazio. Una volta scartata l’ipotesi del partito unico con Berlusconi e Fini, e una volta chiarita con fermezza la collocazione nell’area del centrodestra, l’Udc ha una sola strada da percorrere per dare uno sbocco al suo ruolo. Sciogliersi. Chiudere la parentesi, pure necessaria, di una piccola forza politica di natura post democristiana e aprirsi, in mare aperto, per giocare una partita più grande. Un nuovo partito, punto di convergenza di piccole forze già in campo ma innanzitutto calamita di quanti oggi sono fuori dal perimetro della politica, deve nascere con un atto costituente forte. Riconoscibile. Per esempio, un appellomanifesto dei moderati italiani, sottoscritto da personalità più diverse possibile, con un’idea complessiva per governare il Paese. Soltanto così sarà possibile coinvolgere gente come Mario Monti, Savino Pezzotta, e domani, chissà, Luca di Montezemolo. Personaggi che non possono considerare una sponda, un approdo, un partito piccolo quanto circoscritto nella sua identità come l’Udc. Solo così all’universo insofferente dei cattolici verrà data un’opportunità alternativa all’asfittico Partito democratico dove i cattolici al massimo si eserciteranno nella testimonianza. La scommessa dello scioglimento, per allargarsi e non per scomparire, è molto rischiosa, inutile nasconderlo. Ma è l’unica che può consentire di mettere in discussione i rapporti di forza all’interno del centrodestra. Trascinando, invece, una leadership tra un salotto televisivo e un duetto canoro con Fiorello, si può conquistare popolarità per un percorso personale, non certo per un grande progetto politico.