Caso Basilicata: Quattro facoltà ma venti serre

giugno 30, 2007

L’università degli orroriLa piccola università della Basilicata conta su quattro facoltà, poco più di novemila studenti e su venti serre costruite con i finanziamenti post terremoto: qualcosa come sette milioni e mezzo di euro. Erano state destinate agli studenti della facoltà di Agraria, ma per qualche ragione non sono mai state utilizzate e l’ateneo lucano è stato incluso, così, tra gli enti su cui si addensano sospetti di mala gestio di beni pubblici. Un elenco di ipotetici sprechi che ha reso noto Michele Oricchio, procuratore generale della Corte dei Conti regionale. A rendere ancora più intricata la vicenda, si sono aggiunti però i progetti di ricerca finanziati dall’Unione europea tramite la Regione: oltre dieci milioni di euro erogati fra il 1994 e il 1999 per realizzare studi sul territorio. Alcuni di questi non si sono conclusi nei tempi indicati, e siccome era stata l’Università della Basilicata ad anticipare ai docenti i fondi necessari, nel bilancio del 2003 si sarebbe creato un buco per circa due milioni di euro non restituiti. Col risultato che il bilancio di previsione 2005 non è stato approvato dal cda e che la Regione ha dovuto far quadrare i conti dell’ateneo lucano. Un milione di euro – in aggiunta ai finanziamenti ordinari – nel 2005, e tre milioni annuali fino al 2009. Adesso i carabinieri hanno acquisito in Regione i documenti legati ai progetti di ricerca e presto sui fondi europei dovrebbe essere fatta chiarezza.


La ricerca d’identità nel romanzo di Ömer Zülfü Livaneli

giugno 29, 2007

Ömer Zülfü Livaneli, Felicità
Gremese editore 300 PAG. 20 EUROImage Hosted by ImageShack.us

Nella Turchia anatolica contemporanea la quindicenne Meryem vieneviolentata da uno zio e, rinchiusa in un tugurio, è spinta invano al suicidio. Il cugino Cemal è tornato dalla guerra contro i curdi desensibilizzato dalla violenza e indurito dalla vita militare. È a lui che la famiglia ordina di “lavare l’onore” a Istanbul, dove ragazze in situazioni simili trovano la morte. Nel corso del viaggio Meryem e Cemal si imbattono in Irfan, un professore universitario in crisi, che ha abbandonato la bella moglie e il successo duramente conquistato per andare alla ricerca di se stesso su una barca in mezzo al mare. Da quell’incontro escono tutti trasformati, anche se ognuno con esiti diversi. I due uomini si scoprono sconfitti nell’incapacità di amare ma, mentre Irfan si rifugia dalla madre – capendo finalmente la furia della moglie che lo accusava di fare l’amore come se giocasse a golf –, a Cemal, invece, diventa chiara la propria schiavitù verso la sua vittima – amata in modo perverso -, che viene meno quando Meryem, finalmente libera anche grazie all’affetto del professore, costruisce una nuova vita. Il libro è una rappresentazione di un Paese in bilico tra arretratezza e spinte verso una modernità conflittuale. L’autore, per difendere le proprie idee, ha conosciuto anche il carcere.


Morte spirituale e rinascita

giugno 29, 2007

Elémire Zolla, Conoscenza religiosa. Scritti 1969-1983
Edizioni di storia e letteratura
830 PAG. 65 EURO

«Religioso in senso proprio s’intende chi ha subito la morte e ha avuto il dono della rinascita, chi è risuscitato da visioni e patimenti infernali», afferma Elémire Zolla, importante filosofo, antropologo e studioso del misticismo scomparso nel 2002 e ampiamente pubblicato da Adelphi. E poi ancora, la conoscenza religiosa «predica l’affrancamento dalla fascinazione delle novità e, insieme, la rassegnazione all’inevitabile, insegna cioè a non farsi né ipnotizzare né turbare ma anzi a tenere lo sguardo al valore massimo: la qualità spirituale della vita, breve o prolungata che possa essere». Mantenendo questa prospettiva, in Conoscenza religiosa l’autore offre un compendio di articoli apparsi tra il 1969 e il 1983 sull’omonima rivista da lui fondata a Firenze presso la Nuova Italia, dove accolse anche saggi di Borges, Quinzio e Cristina Campo. Nell’attuale raccolta Zolla introduce il lettore a varie forme di religiosità spesso di confine, spaziando dagli Amish ai legami tra linguistica e cosmogonia, dalla degradazione del romanticismo al criticismo testuale, dalla sensitività di Rasputin al satanismo, dal sufismo alle Yoga Upanisad, dal culto dei morti allo sciamanesimo, rinvenendo manifestazioni spirituali anche nelle realtà meno prevedibili. Non a caso un paragrafo relativo alla spiritualità di Bali recita «Quando ogni cosa è linguaggio metafisico».


Milano, l’università dei laureati fantasma

giugno 29, 2007

L’università degli orroriA guardare il sito, l’Ambrosiana ha tutto quello che serve per imporsi come un ateneo di prestigio. Scritta gotica, magari un po’ azzardata, con la dicitura “Università” che spicca su uno sfondo celeste, convegni di scienza medica, una biblioteca on line, corsi di perfezionamento in counselling infermieristico, dichiarazioni universali dei diritti dei giovani, e borse di studio. L’unico problema è che chi la frequenta non sarà mai dottore, perché l’Ambrosiana svolge lezioni da dodici anni, e da altrettanti non ha mai ricevuto nessuna certificazione ministeriale. Nell’Ospedale milanese di San Giovanni, in cui l’ateneo ha istituito le sue sedi, non è mai stata rilasciata alcuna laurea che valesse poco più che carta straccia. Il rettore, Giuseppe Rodolfo Brera, non si è mai scoraggiato e, sebbene la sua creatura sia stata condannata dal garante della Concorrenza per pubblicità ingannevole, sprona docenti e personale ad «andare avanti» con nuovi seminari, servizi e convegni. Il rettore non nega che il suo sia un libero istituto universitario di natura giuridica privata, ma il Magnifico Brera parla anche di congiure, di oscure manovre sorte attorno al suo ateneo per screditarlo: «In Italia, perché i titoli universitari abbiano valore legale, devono essere riconosciuti da un comitato che riunisce tutti gli atenei della Regione. E questo comitato, nel 1999, ha dato al Miur tre informazioni false per farci fuori». Poco incline a teorie del complotto, forse affaccendato in altre questioni, il ministero si limita però a una laconica replica: «Per noi l’Ambrosiana non è accreditata come università: è fuorilegge ». E per quanto, a detta di Brera, le lezioni abbiano una certificazione di qualità, resta il fatto che quelli dell’Ambrosiana, sono laureati fantasma.

di Antonino Ulizzi


Tesi ed esami brillanti, a Bari giro di Tangenti

giugno 28, 2007

L’università degli orroriCompravendite di esami, tariffari su misura, tesi belle e pronte da acquistare cash. Per tutti gli studenti che avevano contanti da spendere, la facoltà di Economia di Bari aveva creato un’ampia gamma di servizi. Professori compiacenti, bidelli,impiegati. Bastava qualche dritta, un paio di passaggi di mano e la laurea diventava per molti un gioco da ragazzi. Un gioco balzato alle cronache sotto il nome di Esamopoli, l’indagine che da un anno e mezzo vede impegnati i carabinieri del reparto operativo pugliese sulle vicende dell’ateneo barese. Un’inchiesta che si allaarga a macchia d’olio, che negli ultimi giorni ha visto lievitare a venti il numero degli indagati. Tutto iniziò quando un ex dipendente dell’Università e una segretaria del dipartimento di Studi aziendali vennero sorpresi a contrattare una probabile tangente di 250 euro, soldi che sarebbero serviti a uno studente per garantirsi la promozione all’esame. In realtà, si trattava soltanto di un acconto, perché pochi giorni dopo fu lo stesso studente ad essere colto in fragrante: altri mille euro per saldare i conti. Secondo alcune voci, nell’ingombrante faldone che le forze dell’ordine hanno consegnato al magistrato Francesca Romana Pirrelli, il numero degli indagati è esattamente il doppio. Professori, impiegati e studenti per i quali sono ipotizzati i reati di associazione a delinquere, corruzione, concussione, e falso. Particolarmente grave la situazione dei giovani universitari coinvolti, che sin dalle prime battute di Esamopoli, in qualità di indiziati avrebbero dovuto dimostrare di essere vittime di violenza, per sperare che le ipotesi di corruzione fossero convertite in quelle, meno gravi, di concussione. Favori personali, che tramite i buoni uffici di alcuni dipendenti, potevano avere un costo compreso fra i cinquecento euro, per gli esami più semplici, e i tremila per quelli più ostici. Un secondo filone di indagine si addentra poi sulle attività dell’Istituto mediterraneo delle Scienze. Era gestito da Massimo Del Vecchio, ex cultore della cattedra di Matematica, che secondo la pista tracciata dagli inquirenti, prometteva esami brillanti per una cifra che poteva arrivare a 3500 euro, più o meno quanti ne servivano per l’iscrizione a uno dei suoi corsi. Il business più redditizio sembrava essere però il mercato delle tesi. Gli studenti si rivolgevano a bidelli e segretari – gli stessi che in alcuni casi gli avevano procurato buoni esiti agli esami – firmavano un assegno fra i 3500 e i 4500 euro, e nel volgere di pochi giorni infilavano nello zaino un bel dattiloscritto. Un giro d’affari che si aggiravasulle cinquantamila euro.


Veltroni leader. Un annuncio di elezioni anticipate

giugno 28, 2007

Posso sbagliare, ma la coreografica investitura di Walter Veltroni alla guida del Partito democratico darà un’accelerazione a quella che considero la più probabile prospettiva di questa legislatura: il ricorso alle elezioni anticipate. Ci sono almeno tre indizi che, sommati, aumentano le probabilità di uno scioglimento anticipato delle Camere. Il primo indizio riguarda la diarchia Veltroni- Prodi. Non può reggere, per un naturale conflitto di interessi. Il premier può sopravvivere soltanto a colpi di compromessi con l’ala sinistra della sua maggioranza, mentre il leader del Pd ha bisogno, per dare un profilo forte alla sua designazione, di uno strappo in senso riformista. Abilmente, Veltroni ha provato ieri a mettere le mani avanti giurando sintonia con il governo e cercando di comporre le due anime della maggioranza con un’apertura sulla lotta alla flessibilità (tema molto caro alla sinistra radicale) e una esplicita richiesta di intervento sul durissimo scoglio della riforma previdenziale. Quando non sarà più candidato, ma leader, Veltroni non potrà più seguire la tattica del doppio binario. Dovrà scegliere. E necessariamente ogni scelta sarà una scossa per il governo. Non a caso sono rimasti soltanto i prodiani a chiedere primarie vere per eleggere il segretario del Pd e per evitare il plebiscito a favore di Veltroni: cercano così di indebolire, e comunque di condizionare, un’investitura che altrimenti sarebbe un macigno sulla strada di Prodi e del governo. Il secondo indizio riguarda il sistema elettorale, rispetto al quale Veltroni non nasconde la sua simpatia per il modello del “sindaco d’Italia” e della democrazia diretta, e dissimula, solo per cautela, una decisa simpatia per il trauma referendario. Una volta raccolte le firme da parte del comitato, Veltroni si troverà a gestire il passaggio referendario da capo del Partito democratico ed è facile immaginare che chiederà alla sua organizzazione di schierarsi compatta dalla parte del sì. E quello sarà un altro colpo decisivo sul cammino della legislatura. Infine, conta l’umore dell’opinione pubblica. Quanto può durare, in termini di gradimento elettorale, l’effettonovità della nomina di Veltroni? Non certo all’infinito. E a quel punto i democratici si troveranno nella condizione di preferire l’azzardo elettorale a un nuovo logoramento che, partendo dall’impopolarità del governo, colpirebbe innanzitutto il loro partito. Ecco dunque, perché, l’investitura di Veltroni significa elezioni anticipate sempre più probabili: il centrodestra è avvertito.

di Antonio Galdo


Centrodestra. Così proviamo a scrivere la nuova carta

giugno 27, 2007

GiornaleI partiti politici non sono un prodotto di laboratorio: non nascono dall’alto o per imposizione, sulla base di un semplice atto di volontà. Sono il frutto di un processo, spesso lento, di sedimentazione, il punto d’incontro non programmabile a tavolino di interessi sociali diffusi e di un sistema di valori. Sono la sintesi virtuosa tra un gruppo dirigente ideologicamente motivato e un “popolo” disposto a sposarne la causa. Questo per dire che non basterà scrivere uno statuto o elaborare un modello organizzativo, per quanto originale e sofisticato, per vedere nascere, in modo automatico, il Partito delle Libertà. Ma non ci si può nemmeno aspettare, come qualcuno nel centrodestra crede, che le cose accadano da sé, per inerzia o per caso. E nemmeno ci si può ridurre a cambiare solo perché costretti dalle contingenze esterne o dall’altrui capacità di innovazione: ad esempio dall’accelerazione impressa alla nascita, intorno alla leadership di Walter Veltroni, del Partito democratico. Ecco dunque spiegata l’importanza dell’iniziativa che quest’oggi verrà presentata a Roma: l’insediamento di una commissione di studio (già ribattezzato “gruppo dei trenta”) incaricata di discutere, elaborare e proporre un modello di “partito unitario del centrodestra” che sia, innanzitutto, all’altezza delle trasformazioni che hanno investito la politica nell’ultimo quindicennio, in Italia come nel resto del mondo. Le diverse varianti del partito novecentesco (da quello ideologico di massa a quello elettoraleprofessionale) hanno fatto il loro tempo o sono entrati in crisi. Si tratta dunque di capire quale sia il modello di organizzazione degli interessi, della militanza e del consenso elettorale più adatto al XXI secolo, segnato dal tramonto irreversibile delle ideologie e dalla pervasività dei nuovi sistemi di comunicazione digitale. Di immaginare la costituzione di un partito capace di ricostruire il rapporto tra cittadini e Stato, di esercitare una rappresentanza effettiva e di selezioni gruppi dirigenti: tutto ciò come sbocco all’infinita transizione italiana ma anche come occasione di rilancio per l’esperienza della Casa delle Libertà. Una sfida culturale, prima che politica, alla quale le forze che rappresentano i moderati italiani non possono più sottrarsi. Non è un caso, dunque, che a promuovere l’iniziativa – sotto il motto “Un nuovo partito per una nuova politica” – siano tre fondazioni: Liberal, Farefuturo e Craxi, in rappresentanza delle principali anime politico-culturali del centrodestra. Il loro tentativo non sarà facile, ma se condotto con rigore e libertà intellettuale potrebbe determinare risultati importanti per l’intera scena politica italiana.

di Alessandro Campi 


Harry Potter, finisce la saga e inizia il tour…

giugno 26, 2007

In principio fu “Harry Potter e la pietra filosofale“. Nove anni dopo e 325 milioni di copie vendute, tradotte in 64 lingue, la scrittrice scozzese J. K. Rowling ci riprova con l’ultimo libro della saga. Il settimo, per la precisione, che per i seguaci maghi, solo sulla carta, avrà un significato particolare. In attesa del grande evento impazzano su internet versioni più o meno attendibili sulla sorte di Harry Potter. Quasi tutte concordano con la morte del protagonista. La più recente dà per spacciato il maghetto, giunto ormai ai 17 anni, l’età massima per esercitare le potenzialità magiche. Ma chi può realmente saperlo?

L’atteso “Harry Potter and the deathly hallows” sarà in vendita dal 21 luglio, a mezzanotte, nelle librerie di Inghilterra, Stati Uniti, Canada e Australia, mentre la prima traduzione avvantaggerà i lettori francesi. I cugini d’oltralpe potranno cominciare a sfogliare “Harry Potter et les reliques de la mort” già pochi minuti dopo la mezzanotte del 26 ottobre, come annunciato dall’editore parigino Gallimard.

Intanto, giocando d’anticipo sulle future crisi d’astinenza che colpiranno i lettori al termine del libro, nascono diverse e esilaranti iniziative. Il tour operator VisitScotland propone un viaggio in Scozia sulle orme del maghetto e della sua autrice: una passeggiata davanti al lussuoso albergo Balmoral di Edimburgo, nel quale la scrittrice ultimò la sua settima fatica, i luoghi dove e’ nato Potter, il treno a vapore Jacobite, il viadotto di Glenfinnan e gli spettacolari paesaggi delle Highlands. Punta su un’altra direzione la soluzione trovata dall’editore inglese Barry Cunningham, che si sta adoperando per lanciare sul mercato l’erede di Potter.

E’, infatti, in viaggio la saga di un giovane archeologo alle prese con i sotterranei di Londra. La nuova serie per ragazzi si chiama “Tunnels” ed è scritta a quattro mani da due narratori inglesi esordienti, Roderick Gordon e Brian Williams. Tanto che “Tunnels” uscirà nelle librerie britanniche alla fine del prossimo luglio, circa una settimana dopo la pubblicazione del capitolo finale di Harry Potter, dopo aver fruttato ben 750 milioni di euro per i diritti pre-pubblicazione in quindici paesi del mondo.

Quella che Potter lascia al giovane archeologo è un’eredità pesante da sopportare…e migliorare. Infatti, ancora oggi, a distanza di nove anni, la potter-mania impazza in tutto il mondo. In Italia, i primi di giugno è stato eletto il sosia di Harry Potter. E’ un ragazzo brindisino di 11 anni che, durante il “IV raduno sosia e fan” del maghetto, è stato insignito dell’onorificenza.

Nel frattempo Daniel Radcliffe, che al cinema interpreta il celebre maghetto, ha precisato che neanche lui conosce l’evolversi della storia, rispondendo in questo modo alle presunte rivelazioni di un hacker che vantava l’impossibile impresa di essersi intrufolato nei computer della casa editrice. Il giovane divo ha chiarito che la sorte di Harry Potter la conosce soltanto il marito dell’autrice. Il solito fortunato…


A Cagliari sono finiti anche i soldi per le bollette

giugno 26, 2007

L’università degli orrori«Isoldi per pagare luce, riscaldamento, telefono, pulizia e per garantire la sicurezza non bastano. Servono almeno 3 o 4 milioni di euro in più, altrimenti non sappiamo neanche come accendere le luci e far partire il riscaldamento delle aule». A lanciare l’allarme è il rettore dell’università di Cagliari, Pasquale Mistretta. Anche l’ateneo sardo è ufficialmente in bolletta, e come ormai è consuetudine da quando il governo ha tagliato i fondi universitari, sono stati chiesti a studenti e familiari ulteriori sacrifici economici per salvare l’inizio del nuovo anno accademico. «La forte concorrenza con gli altri atenei », ha spiegato il Magnifico, «rende necessario aumentare adesso le tasse, anche per evitare che le criticità non governabili prendano il sopravvento, creando serie ripercussioni sul futuro». È così, anche l’università isolana, che negli ultimi anni aveva applicato le tasse più basse d’Italia (364,34 euro contro un valore medio nazionale per studente pari a 906,22) varerà pesanti aumenti per assicurarsi la sopravvivenza. E si parla di incrementi fino al 35 per cento. A incidere negativamente sui conti dell’ateneo ci sono anche seimila esonerati, circa un sesto degli iscritti che ha diritto a non pagare tasse. E anche se l’università di Cagliari si è lanciata da qualche tempo in alcune attività commerciali per reperire nuove risorse finanziarie, gli aumenti delle rette sembrano inevitabili. «Se gli studenti comprenderanno la nostra necessità, bene. Altrimenti mi attendo suggerimenti », aveva annunciato il rettore alla vigilia dell’incontro con gli studenti. Ma quando Mistretta gli ha illustrato la difficile situazione, i rappresentanti hanno opposto un secco rifiuto. «Servono 4 milioni in più all’anno? Il Rettore li vada a cercare da un’altra parte: non spetta a noi tappare i buchi di bilancio dell’Università », hanno commentato. «Non sarebbe giusto penalizzare gli studenti-lavoratori e i fuorisede. Se avessimo un’università eccellente un incremento sarebbe comprensibile, ma non è così». Nel tentativo di scongiurare scontri e proteste, il vice presidente della commissione Cultura del Consiglio regionale sardo, Carlo Sanjust, ha chiesto la convocazione del rettore e dei rappresentanti degli studenti per un’audizione. I quattro milioni di euro mancanti non possono essere caricati sulle spalle degli studenti, e Sanjust ritiene che l’amministrazione regionale debba intervenire.

di Antonino Luizzi


A Genova il rettore licenzia chi trova denaro per l’ateneo

giugno 26, 2007

L’università degli orroriOrmai sembra che lo scopo dell’università di Genova sia quello di suscitare meraviglia. Non si spiega altrimenti il comportamento che il rettore Gaetano Bignardi sta tenendo in queste settimane. Dopo avere infatti scoperto che per investimenti sbagliati o mal gestiti l’ateneo genovese aveva maturato un buco di 17 milioni di euro, il magnifico adesso chiude l’unico ufficio dell’amministrazione che negli ultimi anni era stato capace di far registrare utili per l’ateneo. E considerando anche il fatto che le spese dell’università genovese, buco a parte, sono aumentate del 50 per cento nell’ultimo anno, appare a detta di molti una scelta del tutto incomprensibile. L’ufficio è quello per l’innovazione e il trasferimento tecnologico diretto da una brillante dirigente, Jenny Racah, che era riuscita a far guadagnare all’università parecchi soldi con una serie di contratti esterni. Una follia il suo licenziamento secondo la stragrande maggioranza dei docenti dell’ateneo, che hanno sottoscritto una lettera chiedendo spiegazioni sul perché il rettore abbia voluto rinunciare «alla preziosa collaborazione di un funzionario di altissime qualità professionali». Perché insomma chiudere un ufficio che dal 2001 monitorava le fonti di finanziamento italiane e straniere individuando e cogliendo occasioni, che aiutava i docenti a presentare proposte di ricerca convincenti, che trovava alleati in aziende ed enti pubblici? A questa domanda non c’è risposta. I risultati infatti dell’ufficio diretto dalla Racah sono un crescendo di successi: nel 2001 i fondi pubblici e privati acquisiti dall’università per l’attività di ricerca ammontavano a 26 milioni di euro, nel 2004 salgono a 31 e nel 2006 a 37. Magari faceva comodo un rientro di questa entità alla fine del 2007 visto che questo per l’ateneo genovese è l’anno del buco. Ma si sa, il rettore Bignardi ama i paradossi. Del resto dopo aver scoperto la voragine in bilancio e aver correttamente informato la Corte dei conti – che ancora si deve pronunciare – aveva scritto una mail ai suoi docenti dicendo che c’era un emergenza, che stavano arrivando tempi difficili, che però si chiedeva calma, gesso e spirito di disciplina per affrontare l’emergenza. Punto. Non una parola in più. Con il risultato che tra i professori correvano le più strane leggende metropolitane su quanto era potuto accadere. I docenti di Genova la verità vennero a saperla dai giornali. E ancora non se ne capacitano.

di Riccardo Paradisi