Starbucks, non caffè ma lifestyle

marzo 12, 2007

Oggi sulle pagine della Stampa, c’era un articolo sull’eterna lotta tra Starbucks (visitate questo blog che è molto informato sull’argomento) e la Cina. La prima puntata era relativa alla diatriba per il nome (starsbucks) adottato da un’altra catena di caffetterie cinesi e la seconda invece legata alla più attuale disputa sulla filiale all’interno della città proibita. A questo punto mi è tornato alla mente un articolo di un po’ di tempo fa uscito sulle pagine online del guardian, in cui viene riportata l’esperienza di Bryant Simon, docente di storia all’università del Nord Carolina, che in un anno si è girato 400 punti vendita in diversi paesi dove ha speso circa 15 ore a settimana per studiare la fauna del luogo e il suo comportamento. La frase esplicativa della ricerca è senz’altro questa:

“Starbucks non ha inventato il caffè, tanto meno il buon caffè. Ha invece trasformato il caffè in un’identità”

Un lifestyle insomma. La generazione starbucks. Lo stereotipo dello scrittore che vi si reca per terminare il porprio libro, con un bel macbook ultimo modello. Ad ogni modo le differenze trai punti vendita in giro per il mondo sono interessanti. In Inghilterra le postazioni sono più sporche rispetto a quelle Usa, dove i clienti son già abituati a pulire da sè i propri avanzi, forse allenati dalla palestra Mac Donald’s…
Io devo dire di averlo provato a Parigi. Devo dire che del Frappuccino alla vaniglia large che mi sono preso, ricordo giusto un bel mal di pancia e poco più.