Endemol? il vero scandalo è la Rai

Maggio 16, 2007

GiornaleAltro che «Endemol pensiero unico», come ha scritto il manifesto, e Grande Fratello destinato a dominare l’universo televisivo. Mentre Murdoch cerca di conquistare Dow Jones e il Wall Street Journal, e il gruppo dei media canadese Thomson ha conquistato la Reuters per 12,8 miliardi di dollari. Chi ragiona così è fuori del nostro tempo. Il mondo, quello vero, funziona diversamente. La scelta di Mediaset – settima azienda italiana, per capitalizzazione di Borsa, una volta escluse le grandi banche – è quella di un’azienda che vuole e deve rimanere nel mercato globale. Pena la sua stessa sopravvivenza. Deve, pertanto, rafforzarsi nel suo core business per resistere all’inevitabile pressione della concorrenza. La strada è obbligata. L’ha fatto la Fiat, rinunciando ai sogni di Umberto Agnelli, che inseguiva l’antico mito della diversificazione finanziaria. E per questo, grazie a Sergio Marchionne, è rinata a nuova vita. Lo ha fatto l’Eni, abbandonando la chimica, per gettarsi anima e corpo nella produzione petrolifera. Lo ha fatto Marco Tronchetti Provera rinunciando a Telecom, per concentrare l’attenzione sul business tradizionale della Pirelli. Stesso esempio ha seguito Telefonica, vendendo appunto Endemol e acquistando Telecom. Perché Mediaset avrebbe dovuto scegliere una strada diversa? Per far piacere ai politici di casa nostra e al loro provincialismo? Scelta giusta, quindi, dal punto di vista produttivo, economico e finanziario. In linea con il comportamento delle grandi aziende internazionali. E la Rai? È l’azienda di Stato che sbaglia, prigioniera com’è di una vecchia cultura che risente del suo passato di monopolista pubblico. Quando i telespettatori italiani, per mancanza di concorrenza, erano comunque costretti a seguire i suoi programmi. Senza possibilità di scelta. Ma viale Mazzini resta depositaria del servizio pubblico. Ne siamo consapevoli. E allora dimostri di essere all’altezza di una sfida che non è solo italiana, ma europea e internazionale. Si cimenti, come aveva cercato di fare (con risultati alterni) Pierluigi Celli, con il compito impegnativo della produzione. Lo faccia valorizzando le risorse della cultura italiana, senza rimanere prigioniera di questo confine. All’estero le altre grandi televisioni pubbliche stanno tentando la stessa strada. Ma partecipare a quel pool diventa possibile solo se ciascuna azienda mette in comune qualcosa di proprio. Un valore aggiunto che si è perso nel tempo, sotto il peso delle beghe politiche interne, come il goffo tentativo del governo di azzerare l’attuale consiglio di amministrazione. Un tentativo che porterà la Rai più lontana dal  mercato e più vicina alle aule dei tribunali.

di Gianfranco Polillo