Manuale d’amore 3 e sei subito in serie A

giugno 18, 2007

Italo CucciChiamiamolo Manuale d’Amore 3 il filmissimo di primavera che Aurelio De Laurentiis ha dedicato al suo Napoli. ‘O Presidente è un uomo di successo anche se gli hanno detto9 che fa un film all’anno. Le sue performances cinematografiche sono in realtà eccellenti, le sue “opere” fanno ridere il botteghino: con Manuale d’Amore 2 ha incassato venti euromilioni, diciannove con Il mio miglior nemico, ventiquattro con il filmone natalizio, questa volta Natale a New York. Lo squadrone d’attori che manda in campo ha il pregio d’esser formato di tutti italiani, proprio come l’Aurelio vorrebbe che il Napoli fosse tutto di napoletani: Albanese, Rubini, Volo, Bisio, Ghini, Mandelli, Muccino, Verdone, De Sica, Scamarcio, De Luigi. In panchina si alternano Giovanni Veronesi, Carlo Verdone e Neri Parenti, firme eccellenti, anche se l’ultimo è quello che “tira” di più. Questa dedica molto cinematografica al Napoli trionfalmente rientrato in Serie A dopo sei anni di tormentata assenza non è una divagazione perditempo ma una sottolineatura necessaria delle capacità di ADL: far gruppo è il suo talento, vincere al botteghino anche, confondere gli avversari con trame semplici la sua tattica. Far soldi il suo mestiere. E va detto perché fino a un mese fa, a Napoli, i presunti amici che oggi saltano sul carro del vincitore avevano avvelenato i tifosi esasperati dalla lunga attesa con spifferate confidenziali di questo tono: la A sarà per un altro anno, ora De Laurentiis non ha soldi per rifare la squadra – e se vuol tener testa a Inter, Milan e Juve, ma anche a Roma e Fiorentina deve fare dieci acquisti – e allora vedrete che le ultime partite le perderà. La inattesa sconfitta di Crotone e il pareggio casalingo con il Napoli liberarono la lingua dei maldicenti che ora se la devono mordere: il Napoli ha fatto sfracelli soprattutto nel finale, costringendo il Genoa a cedergli il secondo posto in classifica. Grande vittoria alla faccia dei nemici che son saltati al sole e ora vaglielo a dire che hanno sperato nella debacle azzurra. Perché a Napoli opera un manipolo di disfattisti le cui mire sono inconoscibili, visto che se non arrivava l’Aurelio per il club di Lauro e Ferlaino sarebbe stata la fine. E invece il filmone popolare è riuscito e il suo regista, Edoardo Reja detto Edy, ha consacrato l’operosità della Premiata Ditta De Laurentiis con una squadra sostanzialmente nata e cementata addirittura in Serie C: le due promozioni consecutive recano infatti innanzitutto la firma di “San” Gennaro Iezzo da Castellamare di Stabia, fra i migliori portieri d’Italia, forse secondo solo a Buffon, e via via Savini, Maldonado, Grava, Giubilato, Amodio, Bogliacino, Gatti, Montervino, Calaiò, Pià e il mitico “Pampa” Sosa; i nuovi come Bucchi e De Zerbi hanno semplicemente partecipato alla lunga corsa a quarantadue ostacoli. E allora ci si chiede come sia possibile conquistare un campionato difficile come quello cadetto con una bella e felice dozzina di ragazzi non ancora ribattezzati campioni, almeno fino a ieri; e ci si chiede ancora perché d’improvviso – appena passata l gran festa – i “sapientoni” abbiano cominciato a invocare rinforzi importanti. Molti tifosi son caduti nella trappola e appena hanno sentito dire da Reja che “nel prossimo campionato il primo traguardo è la salvezza” son tornate fuori le chiacchiere su de Laurentiis al verde. Non sta a me far conti in tasca a ‘O Presidente, ma plaudo in realtà all’avvedutezza della sua amministrazione, alla rinuncia ad ogni follìa, alla gestione prudente e intelligente. Certo il messaggio è nuovo, per Napoli, dove le follìe sono all’ordine del giorno da mezzo secolo. Almeno da quando Achille Lauro, leader monarchico e dunque Re di Napoli, per conquistare i voti dei concittadini ( ne portò a casa trecentomila) gli regalò un grande attaccante, forte, tecnico, veloce, strapotente: lo svesdese Hans “Hasse” Jeppson, strappato all’Atalanta per una cifra che fece epoca, 105 milioni, come epoca fece un aneddoto legato ai suoi giorni napoletani: in una partita fu falciato, Jeppson, e cadde: il polo di Fuorigrotta – spaventato e ironico insieme, secondo natura – gridò “è caduto ‘o Banco ‘e Napule!”. Hasse Gudfot Piededoro segnò la leggendaria presidenza di Lauro che riceveva nudo nato i suoi ospiti e recitava la parte del padre padrone non d’una famiglia ma di una città. Di lì cominciò la rovina del club e del casato: quando Gioacchino Lauro jr. prese il Napoli fece la classica fine del pollo, divorato dai lupi e dai debiti, rovinato da improvvisa passione per i polli. D’allevamento. È rimasta – nei napoletani – un’amichevole diffidenza nei confronti dei presidenti, sofferta senza ragione anche da Corrado Ferlaino che ha scritto la grande storia degli azzurri facendogli vincere due scudetti e una Coppa Uefa; mentre dopo, fra presidenze sciagurate e fattacci d’ogni genere, fino al fallimento, i sospetti dei napoletani erano ampiamente giustificati. E miracolosamente arrivò De Laurentiis a togliere la squadra dalle mani di Luciano Gaucci, attualmente esule sulla spiaggia di Santo Domingo. Del futuro non v’è certezza, almeno per quello che riguarda la classifica. De Laurentiis dice che vuol conquistare l’Europa e il Mondo. Penso che al primo giro dovrà accontentarsi di conquistare l’Italia.