A Catanzaro è tutto un magna Magna (Grecia)

novembre 21, 2007

Se la maxi truffa dei buoni pasto venisse confermata, l’ateneo di Catanzaro diventerebbe preda di facili ironie. All’università calabrese, più nota come Magna Grecia, pare che fossero in molti a apprezzare i piaceri di una tavola apparecchiata. Fra le specialità della casa, la falsificazioneI di libretti universitari da parte del funzionario Francesco Marcello. I carabinieri lo hanno arrestato con l’accusa di corruzione e falso ideologico e materiale, ma i veri piatti forti, alla Magna Grecia, venivano serviti a mensa. Ottimi ma troppo generosi, visto il numero di studenti che nei fatti sedeva a tavola. Almeno secondo la Guardia di finanza e la Procura, che accusano alcuni ristoratori convenzionati con l’università di aver intascato quattro milioni di euro gonfiando a dismisura il numero dei buoni pasto, e i relativi rimborsi. Le pagine dell’ inchiesta – che ha visto arrivare a trenta il numero di studenti indagati – illustrano il bluff in maniera molto nitida. Con la complicità di alcuni ragazzi, o all’insaputa di altri, i ristoratori mutuati con l’Ardis (Agenzia per il diritto allo studio), erano in possesso di centinaia di badge elettronici. Ogni giorno, ciascun tesserino veniva fatto transitare sugli appositi lettori elettronici collegati al database dell’Ardis. E così, per ogni obliterazione, il paziente ristoratore, si assicurava conteggio e rimborso di un pasto mai servito. Ad insospettire gli inquirenti dell’operazione Fast Food, sarebbero stati i filmati delle telecamere a circuito chiuso. A ricompensa del badge elettronico, pare che i ristoratori offrissero agli studenti ricariche telefoniche, cene con gli amici e piccole somme di denaro. Aventi diritto al pasto gratuito, molti giovani trovavano il modo di riempirsi la pancia, restando a digiuno.


Lecce, la dolce vita dell’università (lupini per la tombola compresi)

ottobre 4, 2007

L’università degli orroriDa L’Indipendente di oggi un altro pezzo emblematico della nostra rubrica L’Università degli orrori. Mi chiedo se gli studenti dell’ateneo salentino siano soddisfatti di come vengono investiti i soldi delle tasse universitarie. Qui, come ogni giorn, potete trovare il pdf del nostro quotidiano.

A sfogliare qualche pagina di bilancio dell’ateneo del Salento, riaffiora quella che doveva essere la dolce vita felliniana. Un’esistenza fatta di cene principesche e calici raffinati, quella che nonostante tutto riemerge dalle 127 pagine di debiti approvate con l’ultimo consuntivo. Come riportato dal giornalista Danilo Lupo dell’emittente pugliese Trnews, l’università salentina non si è fatta mancare nulla. A partire dalla buona tavola, per cui risultano a bilancio cene fino a 1500 euro, catering fra i 2500 e i 3500 euro, un coffee break che sfiora i tremila, e un banchetto, da 7mila euro, che avrebbe generato complessi persino in Anfitrione. E visto che gli ospiti meritano ogni riguardo, ci sono anche composizioni floreali fra i 700 e i 1700 euro, e doni per 1200 euro: quattro pacchi di caffè (140) euro, cioccolatini (85), e cornici d’argento per 600 euro. Grande cura anche per due convegni, costati 14mila euro tra albergo, viaggi in aereo, pullmini e buffet. Ma il segreto del savoir vivre salentino si appunta nei dettagli. Cento euro per una pen drive, più di mille per una lampada, 150 per rivestire di stoffa la poltrona di un dirigente, e 250 per una cena tra l’ex rettore e un parlamentare all’Hassler Rooftop Restaurant di Roma. Questioni di noblesse oblige anche sotto le feste. Più di 2mila euro di biglietti spesi in viaggi il 28 dicembre, e più di 5mila per il noleggio di un’Alfa 159 alla vigilia di Capodanno. Chi è rimasto in ateneo, si è accontentato di molto meno. A bilancio, anche tre euro di lupini per la tombolata.


Chi blocca i concorsi? Il ministro dell’Università

ottobre 3, 2007

L’università degli orroriIl pezzo seguente è stato pubblicato su L’Indipendente di oggi. Potete scaricare il giornale (che vi ricordo, è gratuito in formato pdf) cliccando qui

Atenei ❖20 MILIONI PER 700 RICERCATORI, MA MUSSI LI TIENE FERMI

Perché l’università italiana non fa entrare i giovani ricercatori? Semplice: perché il ministero dell’Università e della ricerca non consente che si celebrino i concorsi per assumerli. Concorsi per il cui svolgimento non solo esiste una normativa in vigore e pienamente valida che li disciplina ma, strano a dirsi – viste le geremiadi di Mussi sui soldi che mancano – ci sono a disposizione 20 milioni di euro del fondo di finanziamento ordinario per l’università. Niente scuse dunque: solo, come denuncia Antonino Liberatore, segretario nazionale del maggior sindacato dei docenti universitari (l’Unspur), «l’assoluta incapacità dell’amministrazione di Piazza Kennedy di dare una risposta all’esigenza di reclutamento dei giovani nelle carriere accademiche ». Questo malgrado sia passato più di un anno dall’insediamento del nuovo governo e malgrado la disponibilità finanziaria per più di 700 posti da ricercatore. Una situazione surreale, tanto più che se questi 20 milioni messi a disposizione della precedente Finanziaria non verranno spesi entro il dicembre di quest’anno torneranno nelle economie dello Stato. Leggi il seguito di questo post »


Atenei del Nord, primi per merito ma il Tesoro è avaro di risorse

agosto 22, 2007

L’università degli orroriTra le ragioni che spingono Umberto Bossi a minacciare in questi giorni lo sciopero fiscale di cittadini e imprese del Nord vessate dal governo, va considerata anche la situazione finanziaria degli atenei settentrionali. Nel documento stilata dalla Commissione tecnica per la Finanza pubblica del Tesoro, cinque atenei del Nord risultano sottofinanziati rispetto ai meriti, e tre di questi occupano la top ten di quelli cui sono state destinate minori risorse. Si va dal primato di Trento al quarto posto di Udine, mentre risultano ben piazzate la Ca’ Foscari di Venezia all’ottavo posto e Padova che arranca al quindicesimo. Le “misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario” mostrano infatti evidenti squilibri nell’applicazione pratica, e quello che ne emerge è un quadro a tinte fosche, dove le università nordestine, tra le più blasonate si sono trasformate nelle più bastonate. Il patto per l’efficienza e la meritocrazia messo a punto dai ministri Fabio Mussi e Tommaso Padoa Schioppa, creano più di qualche interrogativo. Se si comparano il Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) assegnato ad ogni ateneo e quello teorico per cui nella distribuzione delle risorse si tiene conto dei canoni meritocratici fissati dal Comitato di valutazione del ministero, i conti non quadrano. I parametri dovrebbero considerare infatti il numero di studenti iscritti, i crediti formativi maturati, e il computo dei laureati di ciascun ateneo. Eppure, nonostante i risultati prodotti, essere virtuosi non paga abbastanza. Specie a Trento, dove a fronte di qualità e degli standard virtuosi, mancano all’appello introiti per il 43 per cento. Gravi imbarazzi meritocratici anche per le finanze di Udine, che lamenta sottrazioni del venti per cento (circa sedici milioni di euro) e per quelle di Padova (dieci per cento) e Venezia (diciassette). Una situazione che penalizza la virtù e i risultati prodotti, sulla base di tradizioni inveterate. «Nel 2006 – ha spiegato il direttore amministrativo dell’università di Udine Daniele Livon – soltanto cinquanta milioni furono divisi per meritocrazia. Gli altri sette miliardi di euro del Fondo, ebbero come primo criterio di aggiudicazione il 99,5 per cento dello storico assegnato a ogni università». Le speranze degli atenei virtuosi si riversano nel 2008, in cui la somma dovrebbe salire a 350 milioni di euro. Non una grande somma, se si considera che merito e virtù, varranno ancora il 5 per cento del Fondo ordinario.

di Francesco Lo Dico


Milano mette gli studenti in soffitta

agosto 18, 2007

L’università degli orroriL’antico adagio recita che in tempi difficili qualsiasi buca diventa trincea, e i nostri atenei alle prese con i tagli all’edilizia non potevano che rispolverarlo. Se gli alloggi scarseggiano, bisogna arrangiarsi in qualche modo, e così università Statale, Bicocca e Politecnico hanno pensato di sistemare gli studenti fuorisede nei sottotetti. Complice una legge regionale del 1996 che regola la ristrutturazione di edifici a fini abitativi, l’Aler (Azienda Lombarda Edilizia Residenziale) ha rimpinguato l’offerta di alloggi ricavando dei piccoli locali dagli spazi di copertura di alcuni appartamenti. Ad oggi sono 207 i sottotetti pronta consegna, ma entro l’inizio del prossimo anno accademico si conta di ultimarne altri ottanta. L’Isu, ente per il diritto allo studio universitario che li avrà in gestione, conta di assegnarli ai vincitori in base a criteri di reddito e di merito. Si tratta di moduli abitativi ricavati in quartieri molto vicini alle sedi universitarie, soluzioni che cercano di arginare la macchia sempre più torbida degli affitti in nero e dei prezzi fuori controllo. Uno sforzo di ampliare l’offerta abitativa, che finora ha registrato investimenti per 22 milioni di euro, che tenta di venire incontro ai disagi di centinaia di studenti costretti alla spola quotidiana dalla provincia alla facoltà. «Gli alloggi avranno prezzi abbastanza accessibili – fa sapere il dirigente dell’ Isu Mario Bazzani – in linea di massima un posto letto non dovrebbe superare i quattrocento euro». L’assegnazione dei locali sarà una scelta mirata, perché i vincitori verranno decisi mediante criteri simili a quelli adottati per le residenze universitarie classiche, ma con la novità di un ritocco verso il basso del tetto massimo di reddito. Si cerca insomma di facilitare gli studenti più disagiati, senza dimenticare però che la carenza di alloggi è ancora ben lungi dall’essere stata risolta. «Molto ancora deve essere fatto – spiega Bazzani – per il momento i posti letto non sono sufficienti a coprire il fabbisogno della città». Per fronteggiare il problema le dieci università milanesi hanno dato vita a ristrutturazioni e si propongono nuovi investimenti. L’obiettivo è arrivare a mille nuovi alloggi entro due anni, e nell’attesa molti dovranno ritenersi fortunati ad avere un tetto sopra la testa.

Francesco Lo Dico


Rettori italiani sulle orme di Marco Polo

agosto 14, 2007

L’università degli orroriDai tempi della città proibita sono mutate molte cose, e così sempre più atenei della Penisola in fuga dalle paturnie nazionali, cercano sbocchi e partnership nel mercato orientale. Succede a Napoli, dove una delegazione accademica della Parthenope con in testa il rettore Gennaro Ferrara, è volata in Cina per incontrare numerosi rappresentanti delle università locali ed alcuni protagonisti del boom economico. Nel corso della prima tappa a Shangai, la cordata partenopea ha illustrato alcuni progetti che intende avviare in suolo cinese, e ha sondato i settori locali nei quali le imprese campane avrebbero maggiori possibilità di attecchire. Le buone notizie arrivano però da Shangai, dove il prorettore Wang Wu della Southern Yangtze University, si è detto disponibile a un accordo per rispondere alla chiamate pubblicate dalla Commissione europea per i finanziamenti destinati alle università asiatiche. La Cina è più vicina anche per l’ateneo di Camerino, che ha trovato l’accordo con la Jilin Agricultural University di Changchun. Il corso di laurea in biotecnologie e quello di laurea magistrale in biotecnologie farmaceutiche, saranno riconosciuti da entrambe le università e avrà identico valore legale in Italia e in Cina, ma le trattative sono state l’occasione per instaurare relazioni a più ampio spettro. Presenti al momento della firma, i rappresentanti della Provincia di Macerata e Ascoli Piceno, già da qualche tempo impegnati in progetti con il Dragone, e alcuni imprenditori del marchigiano che si sono detti interessati a progetti di collaborazione con la Cina. L’obiettivo è valorizzare piccole e medie imprese attraverso l’ accoglienza di giovani universitari cinesi, che dovrebbero fare da ambasciatori della cultura locale e del made in Marche nei mercati orientali. Ennesimo segnale di una sindrome cinese, che ha contagiato molti atenei italiani in cerca di ossigeno. Si va dall’università La Sapienza di Roma, dove si tengono corsi di cinese aperti a tutti presso l’istituto Confucio, a Pesaro che organizza master di cooperazione italo-cinese, mentre Bologna ha istituito una laurea in Lingue, mercati e culture dell’Asia.


Mussi boccia Cagliari ma dice sì a RomaTre

agosto 11, 2007

L’università degli orroriPasquale Mistretta il rettore eterno dell’ateneo di Cagliari qualche settimana fa ha trovato sulla scrivania del suo studio una brutta sorpresa. In una lettera partita dal ministero dell’Università e della ricerca e recapitata alla sede centrale dell’ateneo cagliaritano il magnifico ha letto che la proposta di modificare lo statuto dell’università era stato bocciato. «Si fa riferimento» – si legge nella lettera a firma del direttore generale del ministero Antonello Masia – «alle modifiche statutarie proposte. Alla luce degli orientamenti ministeriali non si ritiene opportuno modificare le procedure relative agli organici accademici con riferimento alla durata dei mandati. Si ritiene debbano essere conservate le norme attualmente vigenti». Poche secche e chiare righe insomma per dire un rotondo e sonoro no all’ultima modifica della carta statutaria dell’ateneo di Cagliari e anche per sconfessare una consuetudine che in Italia è praticata da un numero sempre crescente di rettori. Il no a Mistretta infatti è il primo che Fabio Mussi pronuncia in merito al problema della modifica degli statuti e che segue a pubbliche prese di posizione del ministro molto critiche nei confronti di un modo sbarazzino di intendere la governance degli atenei. Certo il veto del ministero è “morale” e non vincolante perché l’autonomia universitaria permette di approvare nuovamente la modifica senza dover poi nuovamente passare per l’esame ministeriale. Ed è quello che dovrà fare il Senato accademico di Cagliari dove basterà l’approvazione dei tre quinti dell’assemblea per far passare la modifica allo statuto. Sta di fatto che la bocciatura della modifica dello statuto di Cagliari costituisce un precedente importante. Bravo Mussi dunque, anche se resta da capire per quale motivo il nuovo statuto dell’università di RomaTre, quello che il rettore Guido Fabiani ha modificato per potersi ricandidare ancora una volta dopo aver già governato per tre mandati l’ateneo, sia stato stato approvato dal ministero dell’Università e della ricerca a tempo di record: in appena 10 giorni.

di Riccardo Paradisi


Professori bocciati in tecnologie

agosto 9, 2007

L’università degli orroriAnche se i dati sull’e-learning mostrano risultati brillanti e hanno la fiducia degli utenti, gli atenei nostrani fanno orecchie da mercante. Secondo l’indagine della Fondazione Crui (Conferenza dei rettori delle università italiane), soltanto uno su dieci integra l’intero insegnamento con risorse e contenuti telematici, e tre su quattro immettono sul web meno del cinquanta per cento delle lezioni, abbandonando al proprio destino migliaia di studenti impossibilitati a frequentare i corsi o costretti a vivere fuorisede. Eppure il sondaggio manifesta un diffuso apprezzamento verso i contenuti reperibili on line. Dispense, libri, appunti, e contributi audiovisivi consultabili, hanno fatto registrare negli ultimi anni notevoli progressi. A tal punto che nel 91 per cento dei casi, gli atenei che li hanno adottati hanno rilevato che gli studenti a distanza acquisiscono maggiori conoscenze e di migliore qualità rispetto a quelli che occupano le aule. Orari flessibili, risparmi sui trasporti, ottimizzazione dei tempi. Tutto lascerebbe pensare che l’e-learning sia una prospettiva destinata a crescere, non fosse che nelle nostre università ristagna. È possibile trovare on line il materiale di un intero corso di laurea soltanto in tre casi su dieci, e appena il 18 per cento degli atenei si è preoccupato di organizzare lezioni sul web per i singoli insegnamenti. Una scarsa apertura alla tecnologia dietro cui si nasconde spesso la diffidenza dei docenti. L’età media avanzata, la consolidata abitudine a concepire l’insegnamento in termini cartacei e verbali, la preoccupazione di dover spendere tempo prezioso nell’apprendimento di nozioni informatiche e nella produzione di contenuti ad hoc hanno ostacolato fino ad oggi la diffusione dell’e-learning. Dall’indagine della Crui, emerge che sei professori su dieci non sono disposti a modificare gli schemi didattici approntati per l’insegnamento, in funzione delle nuove frontiere proposte dalla tecnologia. Considerata la penuria di postazioni informatiche negli atenei italiani, pare che l’apprendimento a distanza continuerà a restare un privilegio di pochi sfortunati.

di Francesco Lo Dico


Nuoro naviga a vista

agosto 8, 2007

L’università degli orroriDopo aver riscontrato che non sono stati previsti finanziamenti e che le ripetute richieste di incontro non hanno sortito nessun effetto in Regione, l’università di Nuoro si avvicina al nuovo anno accademico navigando a vista. Non ci sono soldi su cui contare, e a pianificare le attività didattiche, l’ateneo sardo rischia di fare pura accademia. Con il fiato sospeso anche gli studenti iscritti ai corsi postlaurea dell’Ailun (Associazione Istituzione Libera Università ), scelta obbligata per tutti gli i neolaureati che puntano a specializzarsi per accedere al mercato del lavoro con qualche chance in più. «La situazione dei corsi accademici e dei due master attivati a Nuoro si è fortemente aggravata a causa della mancata assegnazione di risorse per l’anno 2007 – spiega il presidente del consorzio nuorese e dell’Ailun Sergio Russo – a tal punto da pregiudicare fortemente le ordinarie attività delle due istituzioni». Il governatore Renato Soru ha deciso infatti di stanziare le risorse in un fondo unico, e dopo diciassette anni la Finanziaria regionale non presenta nessuna previsione specifica per l’Ailun. Una mancanza che ha spinto Russo a inviare una lettera al presidente Soru e all’assessore regionale alla Pubblica istruzione, Antonietta Mongiu. Ma l’attesa di un riscontro della regione Sardegna, ha creato non pochi problemi logistici anche al progetto di riordino del sistema universitario su cui hanno lavorato il Consorzio universitario e l’Ailun. Sono state messe a punto le linee guida per valorizzare l’ateneo nuorese e le esperienze maturate, si è elaborata una strategia per rafforzare l’identità formativa del polo, ma dopo aver incassato i favori dei soggetti, non si è riusciti ad illustrare il progetto alle autorità della Regione. Se si considera che il presidente Sergio Russo, diellino contestato dalla stessa sinistra per il doppio incarico al consorzio e all’Ailun, ottenne per le due istituzioni circa 4milioni di euro non più tardi dell’anno scorso, per l’università di Nuoro oltre al danno, si preannuncia la beffa.

Antonino Ulizzi


Tartassati bipartisan

agosto 8, 2007

L’università degli orroriLe decisioni dell’ateneo fiorentino in materia di tasse hanno creato tra gli studenti un malcontento bipartisan. A sinistra vengono considerate troppo esose e illegittime, a destra se ne contestano le troppo indiscrete modalità di pagamento. A tal punto che i giovani di Sinistra universitaria hanno presentato ricorso al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ritengono che il contributo degli iscritti sia un autentico «salasso», e si sono rivolti alle autorità perché a loro parere il sistema di fasce economiche elaborato per il nuovo anno accademico eccederebbe i limiti previsti dal dpr 306/1997. La tassazione prevede infatti per legge un massimo del venti per cento rispetto al fondo di finanziamento ordinario, ma secondo i giovani iscritti, «il limite stabilito dalla legge è stato superato dell’1,39 per cento, pari a 3.700mila euro». Dietro la richiesta che le somme indebite siano restituite a ciascun iscritto, cova però verso la gestione del rettore Augusto Marinelli, un risentimento più ampio. Sotto accusa alcune scelte «fallimentari» dell’ateneo, un buco di bilancio ogni anno più farraginoso, e il taglio di numerose risorse per la didattica, la ricerca e i servizi per gli studenti. Che l’ateneo navighi in acque torbide, è intuibile anche dalle proteste avanzate dai giovani di Azione universitaria. «Per iscriversi all’Università di Firenze, gli studenti devono mostrare il conto corrente alla Cgil», denuncia il consigliere comunale di An Giovanni Donzelli. Il presidente di Azione universitaria ha spiegato che nella lettera inviata dall’ateneo fiorentino a tutti gli iscritti, il rettore precisa che che la documentazione può essere consegnata esclusivamente al Caaf Cgil, con cui è stata stipulata una convenzione. Ma è proprio la consegna dei documenti, che sta provocando altri mal di pancia tra gli studenti. Ciascuno di loro deve presentarsi infatti all’appuntamento munito di codice fiscale e dichiarazione dei redditi, ma anche di carte meno tradizionali come l’estratto conto dei conti correnti bancari, postali e libretti di risparmio, Bot, Cct e titoli vari. Chi non ottempera, paga ovviamente il massimo delle tasse.

Francesco Lo dico